Usucapione del posto auto in condominio e comproprietà
Un Lettore riferisce di essere comproprietario con il fratello di un appartamento in un condominio ed asserisce che, al momento dell’acquisto di tale immobile dal precedente proprietario, quest’ultimo avrebbe informato della presenza di un posto auto situato nel giardino condominale qualificandolo come “parcheggio per l’eventuale seconda auto”, destinato a servire esclusivamente l’appartamento ceduto.
Sino dalla data della compravendita, avvenuta nel 1972, il Lettore afferma di essersi sempre servito del suddetto posto auto.
Ora, dovendo procedere ad un frazionamento dell’immobile con il fratello, il Lettore avrebbe scoperto che sull’atto di compravendita non vi è alcun riferimento al posto auto.
Egli chiede se sia possibile far valere un qualche diritto di godimento sul parcheggio e, in caso affermativo, se possa trattenere quest’ultimo per sé in virtù del fatto che solo lui se ne sarebbe servito, al contrario del fratello.
L’art. 1158 del Codice Civile prevede che la proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistino in virtù del possesso continuato per venti anni.
Ciò posto, dunque, il diritto di godimento sull’area di parcheggio potrebbe correttamente ritenersi acquisito in capo ai due fratelli comproprietari per intervenuta usucapione.
Rimarrebbe da verificare se il Lettore possa far valere il proprio possesso esclusivo.
In tal senso, però, soccorre una recente sentenza precisando che il semplice godimento esclusivo da parte di uno dei due comproprietari non è sufficiente a perfezionare l’usucapione del diritto in favore di un comproprietario.
Così la Corte di Cassazione: “In tema di compossesso, il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all’esercizio del possesso “ad usucapionem”, e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell’altro compossessore, risultando per converso necessario, ai fini dell’usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla “res” da parte dell’interessato attraverso una attività apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui … non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione consentiti al singolo partecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri.” [Cassazione civile sez. II n. 17462/2009 – L.S. C. O.S. e altro – Diritto & Giustizia 2009]
© Avv. Michele De Bellis, 25 agosto 2009,