Biciclette nel condominio
Un Lettore chiede se sia permesso parcheggiare biciclette e passeggini nelle aree comuni di un condominio e se l’amministratore condominiale debba vigilare sul rispetto dell’eventuale divieto.
L’art. 1102 del Codice Civile prevede che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne pari uso secondo il loro diritto…. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti…”.
Alla luce del dettato normativo, dunque, la sosta delle biciclette o dei passeggini nelle parti comuni di un condominio, in particolare nel vano sottoscala, non sarebbe configurabile come un diritto del singolo condomino in assenza di una preventiva autorizzazione assembleare.
Qualora, quindi, il regolamento condominiale non vieti espressamente l’introduzione e la sosta di biciclette e passeggini nelle aree comuni, nel qual caso si dovrebbe procedere alla modifica del regolamento condominiale stesso con il consenso della totalità dei condomini, sarebbe sufficiente inserire la richiesta di autorizzazione alla sosta di bici e passeggini nell’ordine del giorno della prima assemblea condominiale utile.
In quest’ultimo caso, peraltro, al fine di ottenere una valida delibera assembleare, sarebbe sufficiente la maggioranza prevista dall’art. 1136 del Codice Civile: ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi in prima convocazione, un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio in seconda convocazione.
Infine, in ordine all’eventuale responsabilità dell’amministratore condominiale circa il rispetto delle norme sulle parti comuni, si segnala una pronuncia della Corte d’Appello di Potenza del 2003 che precisa che “Nel caso in cui l’amministratore di un condominio ometta di tutelare adeguatamente le parti comuni del fabbricato, consentendone l’occupazione o la modificazione da parte di singoli condomini o di terzi, egli può essere rimosso dalla carica ed, eventualmente, condannato a risarcire il danno, ma non può essere condannato personalmente a rimuovere le opere eseguite da terzi, ovvero a ripristinare lo “status quo ante””.
© Avv. Michele De Bellis, 27 luglio 2010,