Locazione di immobile ad uso commerciale: le innovazioni sono consentite?
Un Lettore conduce in locazione un immobile ad uso commerciale e chiede se gli sia possibile eseguire opere edili, quali l’apertura di finestre e la costruzione di muri divisori, senza darne comunicazione al locatore per ottenerne il consenso.
L’articolo 1587 del Codice Civile prevede che “il conduttore deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze”.
Ne consegue che il conduttore, qualora nel contratto non sia stato pattuito diversamente, non possa apportare modifiche ai locali, senza che il locatore vi abbia prestato il consenso.
In presenza di una clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 1456 Codice Civile, che vieti espressamente qualsiasi innovazione, il comportamento tenuto dal conduttore, teso ad apportare modifiche strutturali all’immobile, può determinare la risoluzione del contratto.
Tuttavia, anche in assenza della clausola risolutiva espressa, il comportamento di cui sopra tenuto dal conduttore può in ogni caso costituire grave inadempimento contrattuale, tale da provocare la risoluzione del contratto, ai sensi degli articoli 1453 e 1455 del Codice Civile.
Sul punto, però, è bene ricordare che la Suprema Corte di Cassazione ha più volte ritenuto che non vi sia un divieto assoluto di innovare e che la valutazione circa l’importanza dell’innovazione, in relazione al pregiudizio che possa essere patito dal locatore in seguito alle modifiche apportate, debba essere demandata all’apprezzamento del Giudice di merito.
In ogni caso è opportuno precisare che la mera tolleranza del locatore non costituisce in nessun caso una forma di acquiescenza circa le innovazioni introdotte e, di conseguenza, il locatore che non abbia espressamente acconsentito alle innovazioni può sempre contestarle.
© Avv. Michele De Bellis, 1 febbraio 2011,