Da tempo determinato a indeterminato
Contratto di lavoro a tempo determinato: se il termine non è giustificato, il contratto si considera a tempo indeterminato.
In giurisprudenza si è ribadito che l’apposizione di un termine al contratto di lavoro è consentita dall’art. 1 d.lgs. 368/2001 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Tuttavia, tali ragioni devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto.
Con la conseguenza che il datore di lavoro ha l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore stesso, nell’ambito di un identificato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato.
Ciò premesso, cosa accade, dunque, al contratto di lavoro se l’apposizione di un termine non è sorretta dalle predette ragioni giustificative?
I giudici della Corte di Cassazione, con una recente sentenza, hanno interpretato le norme in materia, pervenendo alla conclusione che se il termine risulta non giustificato, il contratto di lavoro, sia pure qualificato come a termine, debba considerarsi a tempo indeterminato.
In particolare la Suprema Corte ha affermato che “l’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, anche anteriormente alla modifica introdotta dall’art. 39 della legge n. 247 del 2007, ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”.
Pertanto, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonché alla stregua dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato decreto), e nel sistema generale dei profili sanzionatoli nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato dalla Corte cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del termine ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.” (Cass. 24479/11).
© Avv. Michele De Bellis, 7 gennaio 2012,