Condomino moroso ed azione legale
Un Lettore scrive in qualità di condomino e racconta di aver dissentito ai sensi dell’art. 1132 c.c. dalla maggioranza assembleare favorevole alla promozione di un’azione legale nei confronti di un condomino moroso.
Chiede, al riguardo, quali conseguenze derivino nei rapporti con l’amministratore e con l’assemblea condominiale dalla sua riferita “volontà di estraniarsi dalla lite che si andrà ad instaurare”.
In primo luogo occorre chiarire che la riscossione dei contributi rientra fra le normali attribuzioni dell’amministratore condominiale, pertanto quest’ultimo è tenuto, a norma dell’art. 1130 c.c., a promuovere opportuna azione giudiziaria finalizzata al recupero dei crediti nei confronti di un eventuale condomino moroso.
Di conseguenza, l’amministratore può agire in giudizio contro il debitore del condominio senza che sia in tal senso necessaria l’autorizzazione deliberata dall’assemblea, a nulla rilevando neppure la volontà del singolo condomino di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza.
Ciò premesso, in generale, la tutela del condomino che intenda dissociarsi dalle scelte assembleari, piuttosto che dall’operato amministrativo, costituisce una questione di non poco momento, in grado di originare conflitti di competenza fra gli organi condominiali con funzioni decisionali, oltre che tensioni nell’ambito della stessa unità condominiale.
Del resto, la complessità della materia è ben dimostrata dal caso che il Lettore sottopone.
Al riguardo, la Cassazione si è pronunciata nel senso di escludere l’applicabilità dell’art. 1132 c.c. allorché si tratti di controversie fra condomini, e così, ad esempio, quando l’unità condominiale venga a scindersi a causa dell’insolvenza di taluno dei condomini.
La citata disposizione codicistica, valendo ad esonerare il condomino che si sia dissociato dalla maggioranza assembleare favorevole alla lite dalle eventuali spese legali cui sia condannato il condominio in caso di soccombenza, disciplina l’ipotesi di lite tra un condominio ed un terzo estraneo, mentre nel caso di contrasti tra condomini il giudice, nel dirimere la contesa, provvede anche definitivamente sulle spese del giudizio. (Cass. 25 marzo 1970 n. 801).
Il diritto del singolo condomino al dissenso verso i provvedimenti che l’amministratore adotta nell’ambito dei propri poteri è tutelato piuttosto dall’art. 1133 c.c., il quale prevede in alternativa la possibilità di censura mediante ricorso all’assemblea condominiale “senza pregiudizio del ricorso all’autorità giudiziaria” a norma dell’art. 1137 c.c..
Così, il singolo condomino che non intenda contribuire alle spese di lite per il caso di soccombenza ovvero di insolvenza del debitore condannato, avrà interesse ad esprimere il proprio dissenso mediante l’impugnazione dell’atto con cui l’amministratore introduce il giudizio nei confronti del debitore, nonché dell’atto, successivo alla definizione della contesa, con cui provvede al riparto delle spese fra i condomini.
Nel primo caso il condomino dissenziente potrà ottenere una pronuncia di carattere preventivo, nel secondo l’accertamento del proprio diritto a dissociarsi.
© Avv. Michele De Bellis, 11 febbraio 2012,