L’impugnazione del licenziamento nel collegato lavoro
Nella scorsa uscita abbiamo analizzato, attesa la mancata previsione di una apposita disciplina transitoria, il regime normativo che si applica ai licenziamenti irrogati prima dell’entrata in vigore del collegato lavoro, quest’oggi vedremo quali sono state le novità introdotte dal citato collegato lavoro.
Innanzitutto è previsto che il termine per impugnare, con qualsiasi mezzo, purchè scritto, il provvedimento espulsivo sia di 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione o dalla comunicazione dei motivi, qualora successiva.
Successivamente all’impugnazione, a pena di inefficacia della stessa, entro 270 giorni dalla stessa deve essere depositato il ricorso presso la cancelleria del competente tribunale del lavoro, ovvero deve essere comunicata alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione.
Nel secondo caso, allorchè la conciliazione richiesta sia stata rifiutata dalla controparte ovvero non venga raggiunto un accordo, il ricorso al giudice del lavoro deve essere depositato entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo, a pena di decadenza.
Tale regime si applica anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento, nonché ai licenziamenti che presuppongano la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto.
Tale procedura si applica, altresì, al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, all’azione volta a fare declarare la nullità del termine apposto al contratto di lavoro, nonchè ai contratti di lavoro a termine.
Si segnala, infine, che in caso di conversione del contratto a tempo determinato, in contratto a tempo indeterminato, il risarcimento spettante al prestatore varia tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
© Avv. Michele De Bellis, 14 dicembre 2010,