Anche con la crisi, serve un motivo
Crisi del mercato e licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Salvo i casi in cui è possibile risolvere il rapporto di lavoro in assenza di una ragione precisa, il cosiddetto recesso ad nutum, il licenziamento deve essere sempre sorretto da un motivo, che può dipendere da ragioni soggettive collegate alla condotta del lavoratore, ovvero da situazioni oggettive che prescindano dalla sua colpevolezza.
In tempi di crisi del mercato e dell’economia mondiale, qualora l’eccedenza di personale assuma carattere strutturale ed irreversibile, l’azienda si può vedersi costretta a procedere al licenziamento dei dipendenti in esubero.
L’art. 3 della legge n. 604/’66 prevede che il licenziamento possa essere intimato “anche per fatti inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Tale forma di licenziamento, però, non è sempre ammissibile, ma occorre che vi siano dei determinati presupposti per maggior garanzia dei lavoratori.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte si ritiene che il riassetto organizzativo per una più economica gestione dell’azienda valga ad integrare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento, restando insindacabile nei suoi profili di congruità e opportunità la relativa scelta imprenditoriale, sempre che risulti la effettività e non pretestuosità del riassetto organizzativo operato (Cassazione 16465/’07).
Anche in questi casi, però, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento se prima non abbia verificato la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni equivalenti nell’ambito dell’azienda, cosiddetto obbligo di repechage, e se non abbia individuato il lavoratore da licenziare osservando le regole di correttezza e buona fede, evitando di porre in essere atti discriminatori.
Tale principio è stato anche, da ultimo, ribadito dalla Corte di Cassazione con sentenza del 2011 n. 7046 laddove afferma che “può, dunque, ritenersi che nel caso di licenziamento per ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del lavoro, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, se il g.m.o. (giustificato motivo oggettivo ndr) consiste nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, il datore di lavoro deve pur sempre improntare l’individuazione del soggetto (o dei soggetti) da licenziare ai principi di correttezza e buonafede, cui deve essere informato, ai sensi dell’art. 1175 c.c., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e quindi anche il recesso di una di esse.” , qualora l’accordo sindacale non abbia previsto criteri diversi, “potendo … prendere in considerazione in via analogica i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità (non assumendo, invece, rilievo le esigenze tecnico – produttive e organizzative data la indicata situazione di totale fungibilità tra i dipendenti)”.
© Avv. Michele De Bellis, 3 settembre 2011,